Stupor mundi: questo è l’attributo che solitamente viene usato per identificare l’imperatore Federico II di Svevia che nacque a Jesi, nella Marca Anconetana, il 26 dicembre del 1194. Destinato alla guida del mondo per stirpe familiare e attese, fu l’ultimo del Medioevo a dare un senso universale alla funzione imperiale, ma fu anche potente signore di un regno collocato al centro del Mediterraneo. Convergevano in lui tradizioni germaniche e normanne, modelli culturali e scientifici occidentali e orientali, aspirazioni mistiche e pulsioni terrene: la sua azione politica rappresentò pienamente la splendida eterogeneità congenita nelle sue origini.
Nel 1228-1229, partendo dalla costa adriatica, portò a compimento un’impresa davvero straordinaria. Senza battaglie né morti, ma solo tramite accordi diplomatici col sultano d’Egitto, al-Malik al-Kāmil, permise, dopo diversi decenni, ai pellegrini cristiani di tornare a venerare il Santo Sepolcro di Gerusalemme. E lo fece da scomunicato: l’impresa che rappresentava la militanza cristiana più alta fu compiuta proprio da chi era stato escluso dalla comunità cristiana. Infatti, Federico II era stato fulminato dalla scomunica di papa Gregorio IX nel 1227, proprio perché tardava la spedizione d’Oltremare; scomunica che non gli fu revocata neppure dopo averla portata a termine.
Il Festival di quest’anno vuole riflettere proprio sugli argomenti connessi con la “crociata della pace” o, meglio, più in generale con la cultura di condivisione che può portare a vincere una guerra con una scelta di pace. Vuole essere, insomma, un’occasione per discutere attentamente non solo di un fatto specifico, ma anche e soprattutto delle modalità con cui si possono gestire i conflitti anche senza armi, sulla rappresentazione del nemico, sulle strategie della diplomazia e di controllo del territorio, nonché della complessa rete mediterranea dei rapporti politici, interreligiosi, interetnici, interculturali per i quali Federico II funse da punto di riferimento ineludibile, unendo Occidente e Oriente in un inscindibile nucleo di saperi. Quest’anno, d’altro canto, si festeggia anche l’ottavo centenario della fondazione della prima università “statale” della storia, che Federico fondò a Napoli nel 1224 per garantire a chiunque l’acquisizione della vera nobiltà, che è quella d’animo e che discende dallo studio, dalla dedizione e dalla conoscenza.
A che serve ricondurre all’attenzione della contemporaneità una vicenda tanto lontana nel tempo, di otto secoli fa? La conoscenza del passato può e deve abituarci a comprendere meglio la complessità del presente. In un momento come quello attuale, carico di forti tensioni e scontri tra religioni e “civiltà”, è proprio la mancanza di comprensione della diversità, delle specificità dell’“altro”, frutto dell’evoluzione storica, a causare i danni più pericolosi. Ricordare, infine, che non due santi, ma i due uomini più potenti della terra, un imperatore e un sultano, a capo di eserciti numerosi e armati, decisero di fare un passo indietro per percorrere la strada della pace, ecco, ricordare questo può fornire un modello culturale laico di comportamento politico utile per l’umanità, in un periodo come l’attuale, in cui si sentono rombare da vicino i tuoni delle cannonate.
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